Bovina di PRI - figlia di tori italiani
Da quando si parla di selezione dei bovini la valutazione morfologica ha riscoperto un ruolo primario, essendo strumento selettivo dal quale non si può prescindere.
Inizialmente lo scopo era quello di classificare gli animali secondo la loro redditività: non essendo disponibili controlli funzionali, si stabiliva la potenzialità produttiva di una bovina attraverso un punteggio morfologico. Oggi, nonostante la diffusione su larga scala dei controlli funzionali, la morfologia ha mantenuto la sua importanza poiché diversi tratti oggetto di rivelazione hanno un rilevante impatto su durata e qualità del lavoro necessario alla cura del bestiame e sulla sua longevità, come confermato dal peso dato alla morfologia nella definizione degli indici di selezione. La valutazione morfologica degli animali entra in gioco nelle mostre, nelle aste da riproduzione, per l’accettazione al Libro Genealogico e la selezione delle madri di toro.
Fino ai primi anni ’80 era molto diffuso un metodo di valutazione morfologica definito del “tipo ideale”; si stabiliva il punteggio di un soggetto valutando di quanto questo si discostava, per le caratteristiche di interesse, dall’animale desiderato.
Le informazioni raccolte secondo lo schema del “tipo ideale”, mal si prestavano a essere analizzate con le procedure di valutazione genetica BLUP AM, che stavano prendendo piede rapidamente. Fu in questo periodo che negli U.S.A. venne sviluppato un nuovo concetto di valutazione: “la descrizione lineare”. Lo scopo era quello di descrivere aspetti morfo-funzionali degli animali, “misurando” su scale lineari di valori crescenti, da un estremo biologico all’altro, senza esprimere un giudizio di positività o meno del carattere, le caratteristiche di interesse. Gli aspetti rilevati devono essere funzionalmente ed economicamente importanti, geneticamente trasmissibili e di facile rilevazione, attraverso l’ausilio di appositi strumenti oppure a vista. È necessario che il tratto sia definito in maniera chiara e univoca.